Considerazioni sull’anestesia dell’orso

Il recente incidente dell’orso Daniza ha sollevato polemiche e discussioni in merito alla gestione dell’attività di cattura di questi animali. Orso Bruno

L’anestesia è sicuramente una procedura non scevra da rischi che comporta una modificazione dell’omeostasi del paziente. Gli effetti sull’organismo possono infatti essere da temporanei a irreversibili, da lievi a gravi e possono determinare possibili danni a medio e lungo termine e episodi di mortalità, anche nel paziente sano, se tutte le fasi dell’anestesia non vengono seguite da personale competente o attento.1,2 L’anestesia di un animale di cui non si conosca la storia clinica, che non sia visitabile e che sia anche pericoloso, come nel caso dell’orso, aumenta le difficoltà e comporta quindi, da parte del veterinario, maggiori attenzioni, sia nella pianificazione che nella gestione della situazione e delle eventuali emergenze.
Di fatto, l’obiettivo è minimizzare i rischi attraverso un’attenta valutazione dello “scenario di cattura” ed una precisa pianificazione delle attività. Le variabili (prevedibili o imprevedibili) che caratterizzano lo scenario di cattura incidono sullo stato fisiopatologico degli animali e condizionano la programmazione del piano di cattura. Una corretta programmazione e gestione dell’attività di cattura può, quindi, influire positivamente sull’esito delle operazioni, eliminando le suddette variabili.
Questo richiede grande esperienza ed alta professionalità, considerate peraltro le implicazioni relative al benessere animale ed alla sicurezza per gli operatori legate ad interventi su specie potenzialmente pericolose per l’uomo, come l’orso bruno.

Per quanto riguarda le emergenze anestesiologiche legate all’insorgere di situazioni di stress, in generale si ritiene che l’orso non sia particolarmente soggetto a complicazioni durante l’anestesia, ma il contenimento fisico mediante lacci, trappole o altri sistemi, nonché l’attività muscolare intensa associata ad agitazione, paura, ricerca di una via di fuga o la resistenza alle manipolazioni causano certamente stress, con conseguenti complicazioni e danni di varia entità.1,3
Lo stress acuto causato dalle manovre che precedono l’immobilizzazione farmacologica è causa di seri turbamenti dell’omeostasi dell’animale: l’attivazione dell’ipotalamo, del sistema nervoso simpatico, dell’asse ipotalamo-pituitario-adrenergico induce una vasta gamma di effetti fisiologici che hanno l’obiettivo di consentire all’animale di affrontare la situazione stressante. Questo adattamento include, ad esempio: aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della contrattilità miocardica e della gittata cardiaca; modificazione della distribuzione del flusso ematico e del metabolismo cellulare; variazioni nella produzioni di ormoni (es insulina, CRH, ACTH, sistema renina-angiotensina-aldosterone), dispnea, metabolismo anaerobio ed acidosi lattica. Sappiamo tuttavia che quando gli stimoli stressori si protraggono, tali capacità dell’animale possono andare incontro ad esaurimento e la sua capacità di compensazione può essere compromessa. Le conseguenze di un forte e prolungato stress possono essere fatali anche per un soggetto sano.1,3

Sedazione OrsoI farmaci anestetici interferiscono con le normali funzioni fisiologiche (respirazione, termoregolazione, apparato cardiocircolatorio ecc): se si considera che gli effetti dell’anestetico vanno a sommarsi a quelli dello stress, è chiaro che il bilancio tra le capacità adattative dell’organismo e la domanda metabolica potrebbero non essere adeguatamente bilanciati esitando in disfunzioni miocardiche, neurologiche, insufficienza multi organo, miopatia da cattura o mortalità acuta.1,3
La scelta del protocollo anestesiologico fa parte di quella serie di attività che vanno pianificate e studiate con attenzione in base alla situazione in cui ci si trova ad operare ed alla tecnica di cattura utilizzata. La facilità con cui oggi è possibile consultare la letteratura internazionale ci permette di avere informazioni abbastanza precise circa gli effetti di molti farmaci e di combinazioni di questi.
E’ noto, ad esempio, che la combinazione Xilazina-Zoletil® permette di ottenere una immobilizzazione dolce e prevedibile con un buon miorilassamento ma causa, nell’orso come in altri mammiferi, riduzione significativa della frequenza cardiaca, aumento della pressione arteriosa media, riduzione della saturazione dell’emoglobina (SpO2), della pressione parziale dell’ossigeno arterioso (PaO2) e del pH. 3,4
Per l’orso bruno i rischi di questa combinazione sono, inoltre, ipertermia in caso di temperatura ambientale superiore a 25°C, mentre l’ipossia transitoria (mucose cianotiche o ridotta saturimetria) dovrebbe essere gestita mediante la somministrazione di ossigeno.3,5
In uno studio condotto sull’orso americano (Ursus americanus), la combinazione Medetomidina-Zolazepam-Tiletamina ha dimostrato avere minimi effetti cardiovascolari pur causando aumento della pressione arteriosa media, ipossiemia transitoria, ipoventilazione, acidosi lieve, progressivo aumento della temperatura.6 Questi effetti, se non valutati in maniera opportuna e gestiti con interventi tempestivi, soprattutto in animali con patologie pregresse, possono portare a conseguenze serie.
L’elevato rischio di ipossia determinato da questa combinazione, sia a basse che ad alte dosi, è stato confermato anche nell’orso bruno: in questa specie la combinazione Medetomidina- Zoletil® determina ipossia da lieve a grave, evento che può avvenire in qualunque momento dell’anestesia e che potrebbe rappresentare un serio pericolo per l’animale.7

Queste sono solo parte delle informazioni di cui oggi disponiamo, ma mettono in evidenza come qualsiasi protocollo presenti dei limiti e non esistano dei protocolli sicuri, che si possano utilizzare senza incorrere in alcun rischio. Tuttavia, in linea generale, di fondamentale importanza sono:

  • la scelta del farmaco (dipende dalla specie animale su cui operiamo, dal livello di stress del soggetto, dalle preparazioni commerciali disponibili, dalla disponibilità dell’antidoto, dalle controindicazioni, dalla strumentazione per teleanestesia a disposizione, dal luogo e dalla tecnica di cattura utilizzata);
  • la scelta delle dosi utilizzate, in quanto gli effetti (desiderati ed indesiderati) dei farmaci anestetici sono generalmente dose dipendenti. Peraltro, nella scelta della dose bisogna tenere in considerazione, oltre al peso stimato dell’animale, il sesso, l’età, la stagione in cui si cattura, il livello di stress, le condizioni fisiche;
  • le condizioni cliniche del paziente (anche nel soggetto “sano” si possono verificare situazioni pericolose come, ad esempio, stress, dispnea, disidratazione, digiuno prolungato..);

Per ridurre i rischi di morbilità/mortalità causati dall’anestesia bisogna tener conto anche di altri fattori, che vanno ben oltre la scelta, peraltro importante, del protocollo anestesiologico, quali:

  • l’individuazione dell’area di cattura più idonea a minimizzare i rischi per l’animale (sopralluoghi prima di iniziare l’attività);
  • la scelta del sistema di cattura più adatto a ridurre i rischi per l’animale e per gli operatori;
  • l’attenta valutazione delle condizioni quadro (valutazione delle variabili dello scenario di cattura);
  • la competenza degli operatori e del medico veterinario (affrontare le catture con l’ausilio di personale esperto);
  • le condizioni ambientali (es. temperatura elevata);
  • la presenza di una squadra affiatata in grado di interagire e far fronte a tutte le situazioni impreviste che comunque si possono verificare;
  • la possibilità di un adeguato monitoraggio clinico e strumentale;
  • il riconoscimento ed il tempestivo intervento in caso di emergenza;
  • la disponibilità di farmaci e strumenti adeguati (antidoti, fluido terapia, ossigeno ecc);
  • la gestione corretta del paziente in tutte le fasi della cattura, non sottovalutando il periodo pre-cattura e post-rilascio.

Si ricorda, peraltro, l’esistenza del PACOBACE (Piano d’azione interregionale per la conservazione dell’Orso bruno nelle Alpi centro-orientali), documento di riferimento per la gestione e conservazione dell’Orso bruno sulle Alpi, all’interno del quale è contenuto un dettagliato protocollo per la cattura di orsi bruni (allegato 3.1) che, sulla base di un rigoroso approccio scientifico, per ogni tipologia di intervento (cattura in laccio, in free ranging, con trappola a tubo) evidenzia le indicazioni tecniche, le tempistiche d’intervento ed i motivi di esclusione.

 

Di seguito riportiamo alcuni riferimenti bibliografici:

  1. Tranquilli WJ, Thrumon JC, Grimm KA. Lummb & Jone’s veterinary anesthesia and analgesia. 2007 Blackwell Publishing.
  2. Brodbelt DC, Blissit KJ, Hammond NA, Neath PJ, Yung LE, Pfiffer DU, Wood GLN. 2008 The risk of death: the confidential enquiry into perioperative small animal fatalities. Vet. Anaesth Analg 35; 365-373.
  3. West G, Heard D, Caulkett Zoo and wildlife immobilization and anesthesia. 2007 Blackwell publishing.
  4. Cattet, MRL, Caulkett NA, & Lunn NJ. 2003 Anesthesia of polar bears using xylazine-zolazepam-tiletamine or zolazepam-tiletamine. Journal of wildelife disease,39: 655-664.
  5. Cattet, MRL, Caulkett NA, Stenhouse GB. 2003 Anesthesia of grizzly bears using xylazine-zolazepam-tiletamine or zolazepam-tiletamine. International Conference on Bear Research and Management 14:889-93.
  6. Caulkett NA & Cattet MRL 1997 Physiological effects of medetomidine-zolazepam-tiletamine immobilization in black bears. Journal of wildlife disease 33: 615-622).
  7. Fahlman A, Pringle J, Arnemo JM, Swenson JE, Brunberg, Nyman G. 2012 Treatment of hypoxemia during anestesia of brown bear (Ursus arctos). Journal of Zoo and Wildelife Medicine 41(1): 161–164.

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. Fabrizio Brioschi

    Articolo ben fatto, anche se è molto difficile trasmettere ai non addetti quali siano i reali pericoli insiti in queste procedure. Difficile , molto difficile, far capire che “l’anestesia” non è una…”puntura” altrimenti detta “indormia” (!) che come un atto di “Padreterna” memoria fa sprofondare in un “sonno profondo” e…alè ci si può sbizzarrire con aperture di cavità addominali, toraciche, manovre su tutti i distretti su umani, cagnolini, gatti e…orsi! Mai toccato un orso? Io faccio l’anestesista rianimatore e davanti ad una descrizione di simili alterazioni di parametri funzionali nel mio paziente…comincerei ad essere nervoso. Molto nervoso:
    “… causando aumento della pressione arteriosa media, ipossiemia transitoria, ipoventilazione, acidosi lieve, progressivo aumento della temperatura. Questi effetti, se non valutati in maniera opportuna e gestiti con interventi tempestivi, soprattutto in animali con patologie pregresse, possono portare a conseguenze serie.”
    Si lavora con un “orso”, del peso di alcune centinaia di Kg, dal carattere “sopito” ma per nulla trattabile, in mezzo ad una foresta e con mezzi ed operatività decisamente limitati…
    Chi non sa…taccia! si astenga dal giudicare il difficile lavoro altrui.

    1. alpvet

      Lo spirito con cui è stato scritto quest’articolo è proprio quello che riassumi nell’ultima frase. In tanti hanno parlato e scritto senza conoscere problematiche e difficoltà che esistono nel lavorare con la fauna selvatica e in ambienti in cui l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.
      Prima di svolgere certe operazioni questi aspetti andavano assolutamente considerati, per ridurre ai minimi termini i rischi (pur sempre presenti).
      Grazie mille Fabrizio del tuo commento, che dall’alto della tua esperienza ci insegna davvero molto.

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