L’inquinamento ambientale da farmaci: la questione Diclofenac/Avvoltoi

La questione “ambiente” o meglio “sicurezza ambientale”, rappresenta uno dei 4 punti cardine del concetto di “Safety” (1- sicurezza per l’animale di destinazione, 2- sicurezza per il consumatore, 3- sicurezza per gli oepratori del settore e 4- sicurezza per l’ambiente), che riveste ormai importanza e interesse mondiale.
Tuttavia l’’inquinamento ambientale da farmaci umani e veterinari rappresenta un problema in continuo aumento, di non facile soluzione, e correlato, in modo particolare, al fenomeno dell’antibiotico-resistenza.
A livello veterinario la prevenzione di tale fenomeno si basa su un corretto uso/prescrizione dei farmaci, su una capillare formazione ed informazione agli utenti (veterinari, allevatori, proprietari di animali da affezione) e sulla adozione di efficienti sistemi di prevenzione.

L’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) nelle proprie linee guida elenca, tra gli scopi della farmacovigilanza veterinaria, il controllo dell’assenza di effetti negativi sull’ambiente, ed una nutrita normativa comunitaria e nazionale è stata emanata per definire gli obblighi che debbono essere rispettati da chi produce, distribuisce ed utilizza il farmaco veterinario.
I farmaci sono considerati quindi come una nuova classe di inquinanti ambientali ubiquitari. Contaminano l’ambiente attraverso una serie di fonti diffuse: lo smaltimento improprio e l’industria contribuiscono a questo fenomeno, ma la fonte principale dell’inquinamento è il paziente stesso. Una volta somministrati, molti farmaci non sono metabolizzati e vengono escreti come tali o rimangono come residui nelle carni o nelle carcasse.

A livello di farmaco-inquinamento di origine umana, possiamo considerare, ad esempio, la presenza di farmaci nelle acque dei fiumi e dei laghi, e farci già un’idea della problematica ambientale di cui si accennava poco sopra.
Una delle prime campagne di monitoraggio di questo tipo è stata condotta in Italia. I risultati di questa ricerca sono diventati un classico della letteratura di settore [Castiglioni et al. (2004) Methodological approaches for studying pharmaceuticals in the environment by comparing predicted and measured concentrations in River Po, Italy. Regul Toxicol Pharmacol 39:2 5-32]. Nelle acque lombarde e nei sedimenti dei fiumi Po, Lambro e Adda, nonché negli acquedotti di Varese e Lodi, sono stati trovati antibiotici (Lincomicina ed Eritromicina), antitumorali (Ciclofosfamide), antinfiammatori (Ibuprofene), diuretici (Furosemide), antipertensivi (Atenololo), e inoltre Bezafibrato, Ranitidina, Spiramicina nelle acque di fiume; Diazepam e Clofibrato nelle acque potabili di Lodi; tracce di Diazepam a Varese.

Farmaci in acque depurateIl grafico rappresenta i farmaci ancora presenti nelle acque depurate da alcuni impianti di depurazione in Italia e che si riversano nell’ambiente (media di 9 depuratori, concentrazioni in mg/m3). [Zuccato et al. (2005). Identification of the pharmaceuticals for human use contaminating the Italian aquatic environment. J Hazard Mater. 122: 205-9]

Relativamente agli antibiotici, sebbene le penicilline (suscettibili ad idrolisi) e la tetracicline (possono precipitare in presenza di calcio e cationi simili) non siano state rilevate, gli altri sono stati rilevati nel range di microgrammi per litro. Il massiccio (e talvolta indiscriminato) uso di antibiotici ed il loro successivo rilascio nell’ambiente, è la causa principale del processo di accelerazione/diffusione dell’antibiotico- resistenza.

avvoltoio-indianoL’inquinamento ambientale da farmaci non si ripercuote solo sulle acque, ma anche sulle specie animali. E l’origine in questo caso non è solo umana, ma anche veterinaria. È attuale a livello di comunità scientifica europea il problema della possibilità di utilizzare il Diclofenac anche in campo veterinario (alias Reuflogin® veterinario, alias Voltaren® umano).
Questa preoccupazione nasce dall’esperienza del sud-est asiatico, in cui il Diclofenac si è reso responsabile della quasi scomparsa degli avvoltoi.

Ripercorriamo brevemente quello che è successo in India.
Verso la fine degli anni ’90, la Società di storia naturale di Bombay (Bnhs) diede l’allarme denunciando che le tre specie più diffuse nell’Asia del sud – l’avvoltoio dal becco sottile (Gyps tenuirostris), il grifone del Bengala o grifone dorsobianco orientale (Gyps bengalensis) e l’avvoltoio indiano o beccolungo (Gyps indicus) – stavano morendo in tutta la regione. Una pubblicazione condotta da Vibhu Prakash [V. Prakash et al. (2003).
Catastrophic collapse of Indian white-backed Gyps bengalensis and Gyps indicus vulture populations. Biological Conservation 109: 381–390] della BNHS (BirdLife in India), ha dimostrato che la popolazione di Grifone del Bengala in India è crollata dal 1992 a circa 11.000 esemplari rispetto alle decine di milioni che vi erano prima. Le popolazioni di Avvoltoio indiano e Avvoltoio dal becco sottile nello stesso periodo sono crollate del 97%, raggiungendo rispettivamente 45.000 e 1.000 esemplari.Prakash et al_2003_BiolConserv

Nel 2000 l’Unione mondiale per la conservazione della natura (IUCN) dichiarò che tutte e tre le specie erano a grave rischio di estinzione, e la comunità scientifica indiana si rivolse ai colleghi di altri paesi per individuare le cause della catastrofe. Inizialmente si pensò a una malattia infettiva o al bioaccumulo di pesticidi, simile agli effetti devastanti del DDT sugli uccelli predatori di mezzo secolo prima in Europa e in Nordamerica. Nel 2004 Oaks [Oaks et al (2004). Diclofenac residues as the cause of vulture population decline in Pakistan. Nature. 427: 630-633]

certificò con una pubblicazione su Nature che le tre specie di avvoltoi stavano morendo perché si nutrivano di carcasse di animali trattati con il Diclofenac, un anti-infiammatorio molto potente. Dopo averlo assunto per decenni, nei primi anni novanta gli indiani avevano cominciato a usarlo per alleviare le sofferenze di animali con gli zoccoli spaccati o le mammelle gonfie. Gli avvoltoi che si nutrono di animali trattati con Diclofenac sviluppano la gotta viscerale, una malattia dovuta ad un aumento dell’acido urico nel sangue, che causa una cristallizzazione degli organi interni. La morte arriva nel giro di poche settimane.
A seguito di questi accertamenti, nel 2005 l’Indian National Board for Wildlife aveva chiesto di mettere fuori legge la produzione a livello nazionale del Diclofenac per uso veterinario. Nel maggio 2006 Il Drug Controller General of India (DCGI) aveva chiesto a tutti Drug controllers degli Stati dell’Unione Indiana di eliminare gradualmente dal Diclofenac ad uso veterinario entro tre mesi. La DCGI aveva emesso un’altra circolare nel 2008 chiedendo a tutti gli Stati indiani di svolgere controlli diretti per verificare che i produttori di Diclofenac mettessero sulle confezioni la dicitura “not for veterinary use”.
Ma poiché i furbetti ci sono in tutto il mondo, molti veterinari indiano non fanno altro che prescrivere quello per uso umano, ancora in commercio…

La problematica del Diclofenac, oltre a essere direttamente collegata alla mortalità degli uccelli necrofagi, sta comportando problematiche molto più serie non solo a livello ecologico, ma anche rispetto all’epidemiologia di alcune zoonosi altamente trasmissibili. Gli avvoltoi infatti sono anche conosciuti come “uccelli spazzini”, e aiutano a smaltire carcasse di animali infetti da malattie quali tubercolosi, brucellosi, afta epizootica. I forti acidi gastrici e l’alta temperatura corporea consentono loro di ingerire senza problemi questi patogeni, senza il rischio di un’ulteriore diffusione.
Inoltre, la diminuzione degli avvoltoi ha comportato l’aumento di carcasse nell’ambiente, che rimangono a disposizione di altri consumatori, ed in modo particolare di cani randagi. Quest’ultimi sono aumentati a dismisura, e con loro anche problematiche legate alla diffusione della rabbia.
Questa e altre problematiche sono minuziosamente descritte in questo articolo.

In Europa da anni sono in atto piani di re-introduzione e salvaguardia degli uccelli necrofagi. Italia, Francia e Spagna, posseggono la maggior parte delle popolazioni di avvoltoi europei. Le specie più rare presenti in Europa sono tutte protette dal diritto comunitario:Gipeto il Capovaccaio (Neophron percnopterus) è forse la specie più a rischio ed è segnalata nella Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) come “in pericolo”; l’altra specie che non se la passa benissimo è l’Avvoltoio monaco  (Aegypius monachus) inserito nella Lista come “prossimo alla minaccia”. Il Gipeto (Gipaetus barbatus) e il Grifone (Gyps fulvus) hanno invece da poco ripreso a sorvolare i nostri cieli, ma solo dopo un considerevole sforzo per la conservazione che dura da decenni.
Nonostante le evidenze indiane, la Direzione generale della Sanità della Commissione Europea ha autorizzato per uso veterinario il Diclofenac, in un numero limitato di Stati membri. Ad oggi questi Stati membri includono, guarda caso, Spagna e Italia. Secondo un dossier tecnico del Vulture Conservation Fund, SEO/Birdlife e la RSPV, il massiccio inserimento del farmaco nel mercato Europeo potrebbe causare una grave riduzione di questi animali e un duro colpo alla biodiversità. Inoltre, tale perdita vanificherebbe i milioni di euro investiti dall’Unione Europea per salvare gli avvoltoi. «È scioccante – dichiara José Tavares, direttore del Vulture Conservation Foundation – che il farmaco che ha già spazzato via la fauna selvatica in Asia, ora sia messo in commercio nei paesi cruciali per la conservazione degli avvoltoi».
In questi due Stati le preoccupazioni sono notevoli in quanto si teme che questo prodotto, se usato in zootecnia, possa provocare la morte di grifoni, ma anche di gipeti e capovaccai, ed eventualmente di altre specie di uccelli rapaci. Il Diclofenac potrebbe creare problemi anche nella gestione dei carnai, senza contare l’evidente contraddizione della CE che da un lato autorizza i carnai per gli avvoltoi e dall’altro autorizza l’uso di prodotti mortali per gli uccelli necrofagi.
In Spagna, in seguito all’autorizzazione nazionale nel 2013 di due medicinali veterinari contenenti Diclofenac dall’autorità competente spagnola (AEMPS), organizzazioni conservative, cittadini e politici hanno espresso le loro preoccupazioni sui rischi che tali prodotti possono rappresentare per gli avvoltoi e le altre popolazioni di uccelli necrofagi direttamente alla Commissione Europea. A seguito di questi contatti i prodotti contenenti Diclofenac autorizzati in Spagna devono essere accompagnati da avvertenze specifiche sul rischio della loro diffusione in ambiente.
In Italia, la casa farmaceutica Fatro è titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale Reuflogin®, contenente Diclofenac, autorizzato per cavalli non-dpa, bovini e suini.
Ma oltre a questa molecola, il Ministero della Salute ha diramato una nota in cui richiama l’attenzione sui sottoprodotti utilizzati nei carnai anche su altri principi attivi, tra cui Flunixin meglumine, Aceflonac e Enrofloxacina. Sembra comunque che complessivamente siano da tenere sotto stretta sorveglianza un panel di 18 molecole (Carprofene, Vedaprofene, Flurbiprofene, Flunixina, 5-Idrossi-Flunixina, Ibuprofene, Ketoprofene, Acido Meclofenamico, Acido Mefenamico, Meloxicam, Acido Niflumico, Naproxene, Ossifenbutazone, Fenilbutazone, Piroxicam, Suxibutazone, Acido Tolfenamico, Diclofenac).
L’Italia inoltre, come altri paesi UE (Bulgaria, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Portogallo, Slovacchia e Croatia), è autorizzata ai sensi del Regolamento 142/2011 (allegato IV – capo 2 sezione 2) ad alimentare gli avvoltoi con carcasse.

FNOVI, con un comunicato ufficiale ha dichiarato che l’utilizzo in deroga di sottoprodotti di origine animale di categoria 1 (di cui all’articolo 18, paragrafo 2, lettera b, del regolamento CE n. 1069/2009) per l’alimentazione di uccelli necrofagi,  deve avvenire sempre dietro autorizzazione e quindi controllo dell’autorità competente (ivi quindi compresa la formazione degli operatori). Tuttavia non considera la possibilità che nell’ambiente rimangano carcasse configurate nella categoria 2 e 3, ai quali gli avvoltoi o i rapaci in genere possono accedere. Infatti è emerso recentemente che anche le aquile sono sensibili agli effetti del Diclofenac. (Sharma et al (2014). Diclofenac is toxic to the Steppe Eagle Aquila nipalensis: widening the diversity of raptors threatened by NSAID misuse in South Asia. Bird Conservation International)

In questi giorni EMEA sta raccogliendo dati e informazioni per valutare il rischio e prendere efficaci misure di prevenzione. La Società Italiana di Ecopatologia della Fauna (SIEF) ha contribuito a fornire dati essenziali nell’analisi del rischio, tra cui un interessante quadro che mostra il numero di domestici scomparsi sul territorio italiano: solo nell’ultimo anno, secondo le statistiche ufficiali (Ministero della Salute), in Italia sono stati cancellati dal database nazionale 29.681 bovini. Di questi 19.230 capi sono oggetto di smarrimento. Quasi l’80% di questi capi si in aree con grande bio-diversità. Purtroppo non sono disponibili le statistiche per i suini, ovini e caprini, ma se si considera che in Italia spesso vi è una sovrapposizione spaziale tra avvoltoi e lupi, emerge come nel caso di attacco del lupo al bestiame, sia estremamente facile che nell’ambiente siano disponibili carcasse di animali predati per over-killing e/o morti a causa di traumi/cadute successive all’attacco del predatore. Questi dati sono stati considerati da Vulture Conservation Fundation come estremamente interessanti e pubblicati sul loro sito (QUI).

Questo articolo ha 2 commenti.

  1. alpvet

    Aggiorniamo il testo del blog segnalando che in Spagna è stato documentato il primo caso di grifone morto a causa del flunixin, anti infiammatorio usato per equini e bovini in tutta Europa. Riportiamo qui il link da cui è possibile scaricare l’articolo scientifico: http:​//www.​4vultures.​org/2014/10/11/new-paper-publi​shed-with-first-reported-case-​of-a-griffon-vulture-being-kil​led-by-a-veterinary-drug-in-sp​ain/

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