La professionalità veterinaria ed il caso Daniza: colpa del veterinario o del sistema?

Partiamo dall’articolo comparso su L’Adige.it, in cui il GIP ha respinto la richiesta di archiviazione dell’inchiesta su Daniza.

Non si chiude la vicenda giudiziaria legata alla morte dell’orsa Daniza, avvenuta nel settembre scorso durante un tentativo di sedazione messo in atto allo scopo di catturare il plantigrado ritenuto responsabile di una serie di predazioni di animali d’allevamento nella zona del Brenta.

Il giudice per le indagini preliminari (gip) Carlo Ancona, infatti, ha accolto solo parzialmente la richiesta di archiviazione formulata due mesi fa dal procuratore Giuseppe Amato: cade, dunque, l’ipotesi di reato per la violazione dell’articolo 544 bis del codice penale (uccisione dolosa di animali), ma rimane in piedi la fattispecie contravvenzionale prevista dall’articolo 727 bis (uccisione, distruzione, cattura, prelievo di esemplari di specie protette), punibile con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda fino a 4 mila euro ma estinguibile con l’oblazione (salvo che il fatto non costituisca più grave reato).

In sostanza, il gip non esclude, come invece aveva fatto la Procura, che nell’accaduto si possa ravvisare un comportamento colposo, da qui l’ordinanza per l’iscrizione nel registro degli indagati del veterinario provinciale impegnato nell’intervento conclusosi con il decesso dell’orsa, che in quel periodo stava svezzando i suoi due cuccioli.

Nella richiesta di archiviazione, invece, si escludevano sia ipotesi penali (tesi accolta dal gip) sia colpose rilevanti, pur sottolineando che se l’iniezione del narcotico avvenne correttamente, altrettanto non si poteva dire per la fase successiva, data la mancata somministrazione di un antidoto e di ossigeno per via nasale per contrastare immediatamente la reazione negativa («ipossiemia») al farmaco (una complicanza nota e prevedibile).

In altre parole, il giudice ipotizza che Daniza sia morta per l’impropria gestione di questa fase critica da parte del veterinario e se per la Procura il suo comportamento non era penalmente rilevante poiché la cattura era autorizzata, il gip in proposito fa altre osservazioni. 

Come noto, la vicenda ha scatenato una furiosa polemica e pesanti critiche, specie dai movimenti animalisti, nei riguardi dell’operato della Provincia: dal livello politico, per l’ordinanza per la cattura dell’orsa, alla tecnocrazia (servizio foreste e fauna e Azienda sanitaria) per la gestione del caso specifico e in generale del progetto di ripopolamento Life Ursus nell’ambito del quale sono già quattro gli orsi morti durante tentativi di sedazione.

Nei mesi scorsi, in proposito, il mondo ecologista (così come l’Ordine professionale) ha sollevato interrogativi anche sulle modalità di intervento e in particolare sulle competenze del personale veterinario impiegato nella gestione di una specie protetta e nel contesto di un progetto europeo avviato ormai da oltre una dozzina di anni. Ci si chiede, in sostanza, se l’assistenza sanitaria sia fornita da medici specializzati in fauna selvatica e grandi predatori o se la scelta si sia basata principalmente su altri requisiti, quali l’aver conseguito la licenza di porto d’armi (indispensabile per sparare i proiettili narcotizzanti). Di là dalle specifiche responsabilità individuali, dunque, il fronte critico punta il dito verso il contesto istituzionale chiedendo se non sia necessario introdurvi importanti correttivi di sistema.


Proprio su quest’ultimo aspetto legato alla professionalità veterinaria ci eravamo già espressi in un ns articolo (che riportiamo integralmente qui sotto), in cui si analizzava in maniera critica la creazione da parte della FNOVI (Federazione degli Ordini dei Medici Veterinari) Registro FNOVI_Vet Telenarcosi-1 di un registro di veterinari autorizzati alla telenarcosi in favore di quei soggetti, pubblici o privati, che si trovassero nella necessità di sedare a distanza animali in difficoltà o da recuperare.

La telenarcosi è oggi una pratica indispensabile sotto molteplici aspetti. La professionalità e la deontologia medico veterinaria non consentono che un animale, domestico o selvatico, in fuga o in difficoltà, venga abbattuto, specialmente in assenza di un reale pericolo per la pubblica incolumità.

Registro FNOVI_Vet Telenarcosi-2La normativa prevede che sia un veterinario ad effettuare le necessarie valutazioni relative ad ogni singolo caso ed a gestire personalmente tutte le fasi dell’operazione dalla preparazione dell’anestetico al tiro del dardo-siringa. A seguito di sollecitazioni della Fnovi, arrivata dopo il caso della giraffa Alexander, il Ministero della Salute ha confermato (cfr. 30giorni, n. 9/2012) che anche l’atto finale del tiro deve essere effettuato dal sanitario e, se pure vi siano state osservazioni in merito alle difficoltà oggettive che spesso si incontrano, è necessario adeguarsi alla norma.

Vi sono però molti dubbi che nascono da questa nota. In primis, quando si parla di professionalità, non può essere sufficiente per un veterinario possedere il porto d’armi e un lanciasiringhe, ma è opportuno che il professionista sia anche a conoscenza delle varie problematiche connesse alla teleanestesia eseguita su un animale selvatico e sia pronto a intervenire in caso di problematiche connesse alla sedazione. La tendenza di colleghi di considerare l’animale selvatico alla stregua di un animale domestico, applicando a volte gli stessi protocolli farmacologici, e senza considerare tutti i fattori ambientali in grado di influenzare il successo di una cattura, possono comportare anche spiacevoli inconvenienti. E’ evidente che questa nota debba essere migliorata, anche se almeno è un primo passo verso il riconoscimento della professionalità veterinaria anche in questo campo.

Lascia un commento