Malattia di Aujeszky nel cinghiale e rischio Pseudorabbia nei cani

Malattia di Aujeszky nel cinghiale e rischio Pseudorabbia nei cani

Recentemente un’informativa dell’ASL del VCO portava all’attenzione dei cacciatori e dei conduttori dei cani da traccia di alcune sieropositività nel cinghiale per la Malattia di Aujeszky.
Questa comunicazione, assolutamente importante a fini cautelativi, ha come al solito suscitato curiosità e criticità, vista la già problematica situazione della Peste Suina Africana nel cinghiale.
Anche nel 2019 il Servizio Veterinario (AUSL) di Forlì aveva comunicato che alcuni cani da caccia erano deceduti con sintomi riferibili al cosiddetto morbo di Aujeszky o Pseudorabbia e che, a seguito delle attività di sorveglianza, 49 cinghiali abbattuti durante l’attività venatoria tra Rimini, Forlì e Cesena sono risultati positivi ai test anticorpali nei confronti della malattia, destando molta preoccupazione soprattutto tra gli appassionati di caccia al cinghiale: “Malattia mortale dei cani si diffonde in Romagna, già sei decessi in pochi giorni”.

Non sono del resto le uniche segnalazioni fatte negli ultimi anni in Italia e all’estero. Ricordiamo infatti la segnalazione di un focolaio accertato nel 2008 in provincia di Novara con 7 cani da caccia deceduti in seguito all’abbattimento di un grosso cinghiale, nel 2013 invece 8 cani da caccia sono deceduti in provincia di Grosseto con sintomatologia riferibile a Pseudorabbia, diagnosi poi confermata dal servizio veterinario territoriale e altri 3 casi segnalati nella prefettura della Mosa, nel Nord-Est della Francia, durante lo stesso anno, oltre ad altri casi sporadici già verificatisi sul territorio nazionale.
Oltre ai cani, è bene segnalare anche il caso dell’orso marsicano morto a gennaio 2012 nel Parco Naturale Sirente-Velino nel cui referto d’autopsia è indicato il sospetto di Malattia di Aujeszky.

Ma cerchiamo di chiarire cosa sia questa malattia…

Si tratta di una malattia virale (Suid Herpesvirus) non zoonosica che colpisce i suidi domestici e selvatici come specie target, che fungono da reservoir, nei quali assume carattere diffusivo e connotazioni diverse in funzione dell’età dei soggetti colpiti, potendo provocare encefalite acuta nei giovani, polmonite negli adulti, ipofertilità e aborto nei riproduttori. Esistono anche infezioni subcliniche o asintomatiche o latenti.

Altri mammiferi, come il cane, il gatto, la volpe, l’orso, il lupo, i mustelidi, sono considerati ospiti aberranti, i quali quindi possono essere infettati dal virus soprattutto tramite ingestione di materiale infetto, ma occasionalmente anche tramite il morso o il contatto diretto con suidi infetti, con esito sempre mortale, ma perdendo la contagiosità, per cui il virus non può essere trasmesso ad un altro soggetto. Il cane manifesta inizialmente anoressia, stanchezza, indifferenza agli stimoli esterni e peggiora dimostrando difficoltà respiratorie, salivazione eccessiva, vomito, diarrea e un lieve rialzo della temperatura. Il sintomo distintivo è un fortissimo prurito, localizzato soprattutto su muso e orecchie, che induce il cane a grattarsi senza sosta. Nelle fasi finali della malattia i cani presentano spasmi neuro-muscolari, mancanza di coordinazione e paralisi progressiva. Tutti questi sintomi fanno definire la patologia nel cane con il termine di Pseudorabbia.
Purtroppo per i soggetti colpiti la prognosi è infausta, la morte sopraggiunge infatti entro 48 ore dalla comparsa dei sintomi, i quali cominciano a presentarsi entro 6 giorni dal contagio.

Non esiste vaccino, né trattamento efficace per le specie non suine, perciò l’unica accortezza per evitare il contagio è quella di non far ingerire carne cruda o interiora di maiale o di cinghiale ai cani. La cottura infatti inattiva completamente il virus, è sufficiente cuocere la carne a 100°C per un minuto o a 60°C per un’ora, tenendo conto che la temperatura indicata è da raggiungere a cuore della massa muscolare. Il vaccino esiste per i suini, ma laddove sia presente un piano di eradicazione della malattia negli allevamenti di suini l’utilizzo ne è vietato.

La diagnosi della malattia nel cane e nelle altre specie non target si effettua in base alla sintomatologia in prima battuta, ma è necessario differenziarla dalla Rabbia, malattia con sintomatologia simile, altrettanto letale, ma molto pericolosa anche per l’uomo, a differenza di Aujeszky. In secondo luogo si procede con esami di laboratorio come indagini molecolari (PCR) e ricerca virale nei carnivori deceduti, cercando quindi direttamente la presenza del virus stesso, oppure indagini sierologiche su campioni di sangue per la ricerca degli anticorpi nei confronti del virus nei suidi.

L’uomo non è sensibile all’infezione perciò non esiste alcun rischio nel maneggiare materiale infetto o nell’entrare in contatto con soggetti con sintomatologia evidente, nonostante questo la malattia risulta comunque menzionata nell’elenco OIE (https://www.oie.int/animal-health-in-the-world/oie-listed-diseases-2020/).

Bisogna sottolineare che la malattia non è sconosciuta o non indagata, esiste infatti un piano di monitoraggio e controllo a livello nazionale che prevede piani di controllo ed eradicazione a livello regionale e che vede impegnati i Servizi Veterinari presenti sul territorio nonché il centro di referenza nazionale IZSLER nella sede di Brescia, per cui si lavora per ottenere l’eradicazione della malattia soprattutto negli allevamenti suinicoli ed ottenere la denominazione di “ufficialmente indenne”, monitorando contemporaneamente la presenza nella fauna selvatica (qui è disponibile il report sull’attività di monitoraggio svolta nel 2018 e le misure di sorveglianza per il 2019).

I risultati mostrano che la presenza del virus sul territorio nazionale è estremamente bassa, ma il rischio non è nullo come infatti dimostrano gli ultimi casi che hanno creato allarme.

Aree in cui sono tati rinvenuti cinghiali sieropositivi alla Malattia di Aujeszky – Fonte www.vetinweb.it (REGIONE LOMBARDIA – PIANO REGIONALE DI MONITORAGGIO E CONTROLLO SANITARIO DELLA FAUNA SELVATICA) 

 

In altri Paesi esteri invece, come per esempio USA, Canada e Nuova Zelanda, i piani di eradicazione sono stati conclusi con successo eliminando completamente la malattia dal proprio territorio.

Di seguito alcuni siti di riferimento:

Ministero della Salute – Piano Nazionale Integrato

Regione Lombardia – Vetinweb

Regione Veneto – Resolveveneto

Regione Piemonte – DGR 86-6278 del 2018

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