OIE – Considerazioni per il campionamento, i test e la segnalazione di SARS-CoV-2 negli animali

OIE – Considerazioni per il campionamento, i test e la segnalazione di SARS-CoV-2 negli animali

L’attuale pandemia causata da un nuovo virus denominato SARS-CoV-2 che provoca l’infezione chiamata Covid-19 è quasi l’unico argomento di cui si parla in questo 2020.
Dal punto di vista veterinario vorremmo innanzitutto chiarire alcuni punti critici e poi suggerire degli spunti di riflessione.

Cosa si sa di questo virus?
Si sa che appartiene alla famiglia dei Coronavirus, ben nota ai veterinari.
Da un punto di vista tassonomico i coronavirus non sono tutti uguali: possono essere distinti in 4 generi, chiamati alfa, beta, gamma e delta, che a loro volta comprendono diversi agenti responsabili di forme cliniche sia nell’uomo che negli animali, basti pensare alla bronchite infettiva aviare (IBV) dei polli, alla peritonite infettiva felina (FIP) nei gatti, così come ad altre problematiche respiratorie e digerenti nei suini, bovini e cani. Specie diverse con sintomi e andamento clinico differenti.
Grazie all’analisi del suo patrimonio genetico, si sa anche che il SARS-CoV-2 è arrivato all’uomo dal mondo animale facendo un salto di specie (il cosiddetto spill-over) in un ambiente ad elevata promiscuità e scarsissima igiene e che, in cerca di un adattamento stabile nella nostra specie, ha cominciato ad avere un comportamento “aggressivo”, soprattutto dal punto di vista della morbilità.

Qui vorremmo suggerire la prima riflessione riguardo all’importanza della tutela della salute animale in funzione, soprattutto, della tutela della salute pubblica. Risulta evidente pertanto il ruolo dei veterinari nel controllo delle zoonosi e degli alimenti di origine animale.

Successivamente, con l’esplosione della pandemia, alcune segnalazioni di tamponi positivi anche in animali domestici conviventi con persone infette (Cane ad Hong Kong; Gatto negli Stati Uniti) hanno dato un secondo spunto di riflessione.
Nella situazione attuale, in cui è quasi la norma convivere con un cane o con un gatto, possono i nostri animali domestici essere fonte di infezione per l’uomo? Per il momento la scienza afferma che questo rischio non sussiste.
E invece, quanto può essere l’uomo la fonte di contagio per gli animali domestici? Esiste un ruolo della fauna domestica, sinantropa o selvatica nel mantenere l’infezione? A queste domande non si hanno ancora risposte soddisfacenti.
Per questo motivo la World Organisation for Animal Health (OIE) propone, in ottica One Health, un’indagine anche negli animali, senza chiaramente togliere spazio alla grande ed importante sperimentazione che si sta svolgendo in campo umano in questo periodo storico. Le linee guida redatte dall’OIE, frutto di un intenso lavoro nelle ultime settimane da parte di un pool di esperti internazionali (Ad-Hoc Group on COVID-19), intendono fornire indicazioni ai Paesi Membri per campionamento, diagnosi, reporting internazionale e “case definition” di positività a SARS-CoV-2 negli animali. Il protocollo prevede un campionamento selezionato in alcuni contesti che deve però tener conto delle diverse realtà geografiche, del diverso modo di affrontare questa pandemia, del diverso livello di diffusione del virus, del benessere animale e della vera necessità di effettuare un prelievo. Anche le modalità di prelievo devono seguire un iter ben specificato nel protocollo e svolto da personale qualificato.

È necessario inoltre avere ben chiaro, prima di cominciare il monitoraggio, quali saranno successivamente le azioni da intraprendere in caso di positività o negatività del campione, notificando i risultati all’OIE attraverso il World Animal Health Information System (WAHIS).

Tutto questo si auspica possa chiarire alcuni dei molteplici punti critici emersi lavorando sempre in un’ottica “One World, One Health”, approccio che vede il mondo veterinario sullo stesso piano dei medici umani.

Per approfondimenti vi invitiamo a consultare i siti ufficiali:

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