LCA and wild animals: results from wild deer culled in a northern Italy hunting district – Journal of Cleaner Production

E’ stato pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Journal of Cleaner Production (Impact Factor: 6.395; 5-Year Impact Factor: 7.051 – a volte fa bene anche menarsela un po’…) il primo articolo scientifico a livello mondiale che stima l’impatto ambientale della carne di cervo cacciato, basandosi sui dati raccolti nell’ambito del Progetto “Processi di Filiera Eco-Alimentare”.

L’articolo, intitolato “LCA and wild animals: Results from wild deer culled in a northern Italy hunting district”, ad opera di Marco Fiala, Davide Marveggio, Roberto Viganò, Eugenio Demartini, Luca Nonini e Anna Gaviglio, è frutto di una collaborazione tra i Dipartimenti DISAA e VESPA dell’Università di Milano e lo Studio Associato AlpVet.

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Di seguito riportiamo l’abstract tradotto in italiano.

Sebbene la ricerca di fonti alimentari alternative al consumo di carne di animali domestici e sostenibili a livello ambientale sia in aumento, è stata data poca attenzione all’attività venatoria, che tradizionalmente ha sempre fornito prodotti alimentari da animali selvatici. Considerando questo aspetto, il presente studio mira a quantificare gli impatti ambientali dell’abbattimento dei cervi selvatici (Cervus elaphus) attraverso la caccia selettiva in un Comprensorio Alpino di Caccia (CA VCO2), adottando l’approccio del Life Cycle Assessment (LCA). Nove categorie di impatto ambientale sono valutate utilizzando il metodo di valutazione dell’impatto dell’International Reference Life Cycle Data System (ILCD) v1.09, fornendo indicazioni specifiche anche riguardo le categorie che possono essere collegate con i cambiamenti climatici.
I risultati evidenziano che le lunghe distanze percorse dai cacciatori per abbattere i cervi sono il punto critico della filiera, rappresentando quasi l’85% dell’impatto in ogni categoria considerata. Concentrandosi sui cambiamenti climatici, i risultati mostrano che le emissioni di gas a effetto serra (GHG) per unità funzionale (4,85 kg CO2eq) sono ampiamente influenzate dall’ipotesi che considera il cervo selvatico come un flusso elementare che entra nel sistema e, quindi, non include le emissioni di metano enterico.
In questo caso, la carne di cervo cacciato sembra essere un’alternativa ecosostenibile alla carne bovina convenzionale. La rappresentatività dei risultati deve essere aumentata sia all’interno della stessa specie che in associazione con altri ungulati selvatici (ad es. capriolo, cinghiale o camoscio) per comprendere meglio il ruolo potenziale dei prodotti selvatici tradizionalmente cacciati in diete più sostenibili.

L’articolo è scaricabile gratuitamente fino al 6 dicembre sulla pagine ufficiale della rivista a questo indirizzo: https://authors.elsevier.com/c/1ZvfO3QCo9UxRB

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